venerdì 27 novembre 2015

IL DONO PREZIOSO DELLA VITA

« La tua vita è un dono prezioso, non gettarlo via ».
Recita così il cartello all'entrata della “Aokigahara”, la “foresta dei suicidi” in Giappone: è considerato il luogo ideale i cui morire per via della sua estrema pace e tranquillità: è qui che, tra gli altissimi alberi dalle foglie verde smeraldo, almeno trenta persone all'anno dal 1950 si tolgono la vita.

 Il Giappone, oltre ad essere l'isola delle meraviglie in campo tecnologico, è anche il paese del bullismo, diffusissimo sin dalle scuole elementari, ed è anche il paese con il più alto tasso di suicidio al mondo tra gli studenti, almeno secondo alcune tra le più accreditate ricerche.

La "Foresta dei suicidi" in Giappone

Nei tempi antichi il suicidio era considerato prova di assoluta innocenza ed orgoglio: i samurai praticavano l’“harakiri” (« taglio del ventre ») davanti ad una commissione di loro pari affinché dimostrassero la purezza della propria anima che, secondo la loro cultura, risiede nella pancia.
Anche gli italiani ne sono vittime, ma non per onore; tra i giovanissimi è causato dal bullismo che si fa sempre più spietato a causa di Internet ed anche la crisi economica, in pieno aumento, ne è complice; i casi di omicidio-suicidio sono, purtroppo, quasi all'ordine del giorno.
Eppure, il suicidio è considerato uno tra i peccati più gravi per la religione in quanto implica il rifiuto della vita che è dono di Dio. Tuttavia, persino Internet ne è stato “contagiato”: blog e forum spuntano come funghi ed agiscono a mo' di setta segreta, scambiandosi consigli su come e quando farlo; altri promuovono immagini di ragazzi e ragazze con tendenze suicide che mostrano frasi “contro la vita” e tagli sugli avambracci alla stessa stregua di modelli da imitare a tutti i costi.
La stessa letteratura e l'arte sono piene di figure romantiche e tragiche che hanno trovato “salvezza” nella morte: Madame Butterfly che non riuscì a sopportare la relazione extraconiugale del capitano che aveva sposato; Werther che si arrese dopo che la sua amata andò in sposa ad un altro; Jacopo Ortis che aveva perso ogni speranza e Lucrezia per evitare l'onta dello stupro. Ogni volta che si evoca lo spirito del suicidio, ogni volta che lo si vede passare, le domande sono sempre le stesse: perché?



Cosa spinge una persona a desiderare di morire? Probabilmente dolore, debolezza e solitudine possono essere macigni pesanti da portare, specie per chi non è abituato a combattere o a resistere. Spesso il seme della morte germoglia in seguito ad una pioggia di violenza più o meno lieve: abuso, fallimento...
C'è chi è forte come una quercia e sarà capace di resistere all'onda e chi viene travolto, troppo fragile per battersi e si lascia trascinare, abbandonato.
Spesso gli aspiranti suicidi sono trasparenti ed incompresi, urlano messaggi invisibili ed incomprensibili agli altri e le loro grida di aiuto scoppiano nel rosso feroce del loro gesto. Vengono accusati di vigliaccheria, debolezza, addirittura pigrizia senza sapere nulla del peso che gravava sulla loro anima e  di quante volte hanno gridato senza mai essere uditi. Da altri ancora vengono compatiti per la loro protesta contro la crudeltà della vita stessa e di coloro che avevano attorno, troppo insensibili per non essersene resi conto.



L'esistenza può essere considerata come un maestoso albero: in certe stagioni è rigoglioso e sano e splendente e fiorito, proprio come lo sono certi momenti felicemente trascorsi; in altre è spoglio, triste, malato, privo di linfa vitale che non appena lo si vede verrebbe voglia di abbatterlo. È quando quella stessa linfa viene a mancare che nasce il desiderio di un'altra via apparentemente opposta a quella della sofferenza continua. Un rapido dolore per raggiungere velocemente una “vita” serena invece che una sofferenza immensa e continua per un'eternità in paradiso.
Il colpevole non è sempre “uno” e quasi mai chi compie il gesto: l'induzione al suicidio è l'estremizzazione peggiore del bullismo e forse lo è ancora di più far pagare la colpa ad una sola vittima; o l'eutanasia, tema ancora molto controverso in Italia dove ci si accusa a vicenda di egoismo: chi è il vero egoista tra chi sceglie, ormai distrutto, di alleviare il proprio male e chi insiste per tenere duro, prolungando la sofferenza sperando in un miracolo? Non è una questione che può essere sintetizzata con un semplice “vita = giusto”, “morte = sbagliato” o viceversa perché spesso il dolore percepito negli altri diventa nostro e ci divora e non vorremmo che liberarcene.


La vita è un dono che ci viene dato e come nostra possiamo farne ciò che vogliamo, scegliendo le strade che ci sembrano più adatte a noi. Posso decidere di amarmi, accettarmi così come sono o scegliere di rifiutarmi e ferirmi. L'aiuto che cercherò mi supporterà ad affrontare le difficoltà che troverò durante il percorso ed a non crollare davanti ad esse. Eppure, qualora mi ritrovassi solo, senza più alcun aiuto, senza più forze né voce per chiederlo, avrò il diritto di essere egoista e, se lo vorrò, di abbandonarmi alla dolce agonia della morte senza dover essere giudicato vigliacco, pigro o debole; l'esistenza, in quanto nostra, non possiamo mutarla in dovere per non far soffrire gli altri.
Si pensa che tutti i suicidi vadano all'inferno, ma dimentichiamo che forse il loro inferno è stato quello che hanno vissuto sulla terra.


 Bianca Fagioli - V A Liceo Linguistico




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