lunedì 2 maggio 2016

LAZIO SENZA MAFIE: UNA GIORNATA ALL’INSEGNA DELLA LEGALITÀ

Lazio senza mafie: è questo il titolo, semplice e diretto, del secondo meeting regionale sulla legalità e sulla lotta contro le organizzazioni di stampo mafioso, che si è tenuto presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma dal 14 al 21 marzo.

La mattina di martedì 15 marzo, le classi 4°A linguistico e 4°C articolato del Liceo “Varrone” di Cassino  hanno avuto l’occasione e l’onore di parteciparvi, assistendo agli interventi di molte personalità di spicco nel mondo dell’antimafia; tra i più importanti:  il Prefetto di Roma Franco Gabrielli, il Procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone e il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi. 



Lo scopo principale della conferenza è stato diffondere tra i giovani il senso della legalità e della giustizia, armi necessarie nella lotta contro la criminalità organizzata. In questa prospettiva è stato quindi trasmesso ai presenti il bisogno di prendere coscienza di queste realtà da parte delle nuove generazioni, in quanto spesso ignorano e trascurano il male che si cela dietro l’apparenza normalità di tanti comportamenti, facendo capire che non è radicato solo ed esclusivamente nel Sud, ma in tutta Italia e nel mondo intero, essendosi diffuso come un cancro.




 “Non smettere di lottare”, è questo l’appello fatto ai giovani presenti, condiviso da tutti gli ospiti, in particolare dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che ha spiegato che smettere di combattere, anche nel proprio piccolo, vuol dire darla vinta alla mafia e che quindi non bisogna assolutamente commettere l’errore di delegare questa battaglia esclusivamente alle istituzioni, poiché tutti, che siano piccole o grandi azioni, devono fare qualcosa.

 Il fenomeno della mafia è ben consolidato anche nella nostra regione e non bisogna avere paura di ammetterlo, perché se fa capire di essere dalla parte giusta, si compie il primo grande passo per sostenere la battaglia.


Il presidente Zingaretti

 

Il momento più importante della conferenza è stato quello della cosiddetta “lezione di legalità” del Procuratore Pignatone che, dall’alto della sua esperienza caratterizzata da anni di lotta in Sicilia contro Cosa Nostra, ha spiegato ai ragazzi come contrastare l’illegalità anche con i gesti più insignificanti, come non parcheggiare in doppia fila oppure pagare le tasse. È dunque questo il concetto base che si è voluto trasmettere ai giovani: fare il proprio dovere all’insegna della legalità, in quanto cittadini di questo Paese e, come ha successivamente ha ribadito il Procuratore generale Giovanni Salvi, accanto alla responsabilità delle istituzioni ci deve essere quella di noi cittadini con il ruolo attivo di protagonisti della legalità.


Il magistrato Pignatone

La conferenza è poi terminata con l’intervento dell’onorevole Bindi, che ha invitato le nuove generazioni a prestare attenzione, in quanto sono  le più esposte al pericolo scaturito dalle attività illegali di stampo mafioso. Perciò, nell’ambito di quanto esposto, è opportuno che tutti i cittadini prendano coscienza che la legalità è un obbligo sociale da rispettare necessariamente. 



                                 L'onorevole Bindy                                               


Con questo appello si è dimostrato l’interesse da parte delle istituzioni nel coinvolgere i giovani nel prendere coscienza di questo mondo caratterizzato anche dalla illegalità. Infatti,  schierandosi tutti, con il contributo fondamentale dei giovani, dalla parte della giustizia si fornisce l’opportunità di avere un futuro migliore; in quanto, citando Don Giuseppe Puglisi: “se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto”.





 



Giovanni Guerra IV AL

Liceo Linguistico – IMS “Varrone”     



martedì 9 febbraio 2016

LE NUOVE POVERTÀ: LA VITA, NIENT'ALTRO

Hanno perso tutto; le loro vite sono oscure, come una notte senza stelle. Hanno perso tutto; la loro quotidianità ,un tempo biasimata, ora rimpianta. Hanno perso tutto; la loro spensieratezza, la convinzione che alla fine capita sempre agli altri. Ma le vittime da sacrificare sull'altare della povertà sono state loro: i nuovi poveri. Le luci sfavillanti dell'Albero della Vita coprono le necessità e i bisogni dei nuovi poveri; ma nel dopo Expo è ancora più evidente che non possiamo restare impassibili di fronte alla drammaticità di queste vite. 

Vincent Van Gogh
Una importante azione di aiuto verso coloro che vivono queste drammatiche condizioni è svolta dalle numerose associazioni che donano loro un supporto .Ad esempio, il Banco Alimentare recupera eccedenze alimentari e le ridistribuisce gratuitamente ad associazioni caritative che svolgono una attività di assistenza verso gli indigenti. Di fronte alla tragicità di queste vite sospese non si può non notare che un gran numero di poveri è costituito dai minori. Si apre, in questo modo, un nuovo problema: l'esclusione sociale. Molte volte questi giovani sono tenuti fuori dalla società, non è riconosciuto loro il diritto o la possibilità di far parte di un gruppo, di godere di una prerogativa; sono estromessi dal sociale e, attraverso la logica irrazionale dell'abitudine all'omologazione del pensiero, non considerati idonei di fronte a coloro che sono stati più fortunati. 

Questo processo multidimensionale di allontanamento impedisce loro la piena partecipazione alla loro stessa comunità. Il poeta Inglese W.H.Auden affermava: "La fame non lascia altre scelte:amarsi gli uni con gli altri oppure morire".
Per comprendere a fondo il significato intrinseco di questa frase e, dunque, per immergersi a pieno nelle vite di queste persone, bisognerebbe partecipare alla loro quotidianità, recandosi in quello che è il punto di riferimento dei diversi clochard, ovvero la mensa della Caritas. Si farebbe parte di un mondo in continuo movimento, in cui alcuni non avrebbero mai immaginato di doversi trovare. Da qui, dunque, possiamo affermare che quella della povertà, molto spesso, non è una condizione che si acquisisce dalla nascita, ma può presentarsi all'improvviso. 


Ci colpisce,la povertà, fredda e impassibile ,e ci trasporta nella sua irregolare normalità. Negli ultimi anni, soprattutto a causa della crisi economica e alla conseguente formazione di nette diseguaglianze tra i redditi, le vite di molte persone sono state turbate, e si sono venuti a creare vari tipi di povertà, con effetti gravi e spesso duraturi.
La parola "povertà"può avere varie accezioni, e il concetto stesso di povertà è di interpretazione incerta e dibattuta: si vengono, così ,a creare due principali tipi di povertà: quella relativa e quella assoluta .

Rosario Capuana
La povertà relativa è quella che negli ultimi anni si è maggiormente diffusa; ha causato, in coloro che sono stati coinvolti dalla sua violenza, una situazione di malessere e di disagio, determinato da profondi squilibri interiori e dalla mancata corrispondenza tra valori e stili di vita, sintomo e allo stesso tempo conseguenza di mutamenti organici e strutturali. La lotta alla povertà ai fini di ottenere una società più equa ed omogenea è un tema etico sempre più ricorrente. È necessario, dunque, attuare politiche economiche allo scopo di arginare questo fenomeno. Una importante e vigorosa azione in questo senso è svolta anche grazie alla diffusione dell'informazione, alla introduzione di Internet e, quindi, alla globalizzazione. 

Tutti questi elementi hanno contribuito ad una maggiore sensibilizzazione della società civile, che si è resa conto che non possiamo più fare finta di niente, non possiamo più permettere che quello della povertà diventi un fenomeno circoscritto ed isolato. La povertà ci ricorda che gli altri siamo noi. È entrata nelle nostre strade, nei nostri occhi, nelle nostre vite, in maniera così eclatante. Ha distrutto la nostra illusione di benessere. Non siamo nati per vivere questo, ma bisogna scegliere di vivere. È la sola risposta possibile.



Andrea Santo – V A

Liceo Linguistico 
 IMS “Varrone” – Cassino

lunedì 8 febbraio 2016

LETTERA APERTA AD UNA MENTE CHIUSA

Caro lettore,
Ti starai chiedendo come mai un ragazzo così giovane abbia tempo ed inchiostro da sprecare per te, invece che studiare oppure interessarsi alle frivole tematiche proprie di quest’età.
Ti risponderò senza preamboli o lunghe introduzione ornate da belle parole, ti risponderò e non solo cercherò in tutti i modi, e chissà se ci riuscirò, di afferrarti metaforicamente per il collo e darti tanti metaforici schiaffi in faccia.

Vladmir Kush

Perché parlo a te, uomo dalla mente costipata, parlo a te con il sangue negli occhi carichi di rabbia, perché sono impulsivo e vedere il tuo arbitrario agire nelle vite degli altri come se avessi, tu e solamente tu, il monopolio dell’agire umano accresce quel funesto e rabbioso fuoco di disgusto che arde in me.
Tu che con le tue filosofie di vita giudichi e conduci l’uomo, lo manipoli e lo muovi come il più abile maestro di scacchi muove le sue pedine, lo fai per i tuoi interessi o per gli interessi di chi si lascia muovere dalle tue labbra, e come una madre partorisci dalle tue idee un esercito di ben pensanti, giudici delle nostre vite e del nostro avvenire, giudici che direttamente ed indirettamente limitano e condizionano il nostro essere, opprimendo il diritto della libertà che non ci appartiene più e mai tornerà.



Legislatori con idee altrui basate sulla noncuranza ed una profonda negligenza del tutto, tralasciando  tutte le sfumature che compongo il mondo e considerando di esso solamente i colori primari, privati della loro mutevole e sconfinata essenza che ne rappresenta il reale sentimento di libertà, o forse un’ipotetica sbagliata metafora di quello che sbagliati preconcetti e stereotipi possono creare nell’immaginario collettivo.
Faccio oramai parte di un mondo dove la conoscenza è diventata un inutile ed ingombrante peso, dove l’agire si basa unicamente sul “LUI dice così” come se quel LUI conoscesse la sconfinata realtà del mondo, dove chi giudica e chi fa le leggi considera gli umani come macchine corrotte tutte dal medesimo virus, non accorgendosi della miriade di errori di calcolo che noi umani possiamo commettere anche involontariamente.

Ma ahimè vivo qui, su questa terra sbagliata, un pianeta che ha dato vita al suo stesso nemico, un nemico che in modo improprio si erge sulla vetta più alta del mondo e rivendica la propria paternità sul tutto, non accorgendosi di essere solamente una misera formica in una scatola non più grande di lui, ed il tutto che sfugge al suo controllo, e l’incontrollabile tutto, dove la repressione delle anime diventa l’unica giustificazione della paura di essere piccoli e indifesi, proprio come delle piccole formiche, ma non trovo giustificazioni per la Bestia che siamo diventati.
Alberto Sordi
                                                                                                       Cordiali saluti,                                                                                                                                                            ATLAS


PS
Non esorto nessuno a considerare vere le mie parole, ma chiedo solamente di fermarsi un attimo a riflettere su di un pensiero o un idea che si sparge nella mente e che contagia altri cervelli e costruisce menti non più autonome ma sinergiche.
Ed il meccanismo oramai corrotto, considerabile alla stregua di un industrializzazione dei  pensieri  o produzione in serie di cervelli.
Non c’è più spirito di umanità, siamo condannati all’estinzione del nostro essere reali, imperfetti, difettosi, unici ed umani.




Nicola Botta
 CLASSE IVA 
Liceo delle Scienze Umane
IMS “Varrone di Cassino

venerdì 1 gennaio 2016

VOLEVO FARE LA MAESTRA

Spesso non sappiamo dove iniziano i nostri sogni, ma sappiamo dove si interrompono. 
Il mio sogno si infranse l'estate in cui terminai la terza media, e mio padre decise che il mio percorso scolastico sarebbe terminato lì. Premetto che questa decisione non venne presa per mancanza di mezzi per sostenermi agli studi, ma per paura.
Sembra strano, ma fu così.






Lui, mio padre, l'uomo più importante della mia vita, mi aveva seguita con una costanza ammirevole, insegnandomi a leggere e scrivere. Ogni giorno veniva a prendermi a scuola, non mancava ad un solo colloquio scolastico, ed era sempre presente a tutte le recite. Ma, come tutti i genitori, aveva le sue paure: terminata la terza media, il fatto che io dovessi uscire fuori dal piccolo paese, frequentare una scuola lontana dove non poteva più vigilare sulla mia persona, per lui era insopportabile; probabilmente la riteneva una responsabilità che non riusciva ad assolvere.
Sperai da giugno a settembre in un suo ripensamento, ma nulla cambiò. 
Mi fece fare diversi corsi di taglio e cucito, e anche un corso di dattilografia. Devo dire che negli anni successivi, e ancora oggi, ho sempre portato avanti il lavoro sartoriale, riuscendomi ad adattare e a superare tante difficoltà.
A vent'anni mi sposai e a venticinque anni ero già mamma di tre figli. Il mio compito di madre è stato passionale, ho amato e messo i miei figli sempre al primo posto nella scala delle priorità, del resto come quasi tutte le madri.




Ho cresciuto in seguito i miei figli con la stessa dedizione e l’interesse con cui lo aveva fatto mio padre, cercando solo di non ripeterne gli errori e i limiti.
Ma i figli crescono, gli affetti vanno a mancare e lasciano un gran vuoto, però i sogni ritornano sempre al destinatario, il quale ne è stato anche il mittente. Così, qualche anno fa mi iscrissi, anche dietro  suggerimento dei miei figli, ad un istituto tecnico serale, l’unica possibilità di poter conciliare lo studio con i miei impegni familiari.
Ma mi accorsi presto che non era quella la scuola dei miei sogni. I corsi si svolgevano nel pomeriggio, con “studenti” motivati soprattutto a prendere il cosiddetto “pezzo di carta” e, per di più, con materie per me poco congeniali.


A Sx la prof. Molle che "interroga" Assunta
Io amo la letteratura, la filosofia, la pedagogia. Ricordo ancora gli struggenti versi di Ungaretti, la malinconia di Gabriele D'Annunzio, di quando in classe alle medie trovavo i versi di Ungaretti troppo forti per la mia sensibilità. Ma non per questo li ho rimossi, anzi sono quelli che non ho mai dimenticato. 
Così, lo scorso settembre, ho chiesto il nulla osta per trasferirmi al Magistrale, l'attuale Liceo “Varrone” di Cassino. Dopo qualche giorno sono entrata a far parte del V A SEC (liceo delle Scienze Umane, opzione Economico-sociale) del corso diurno.
Per me è stato uno dei giorni più belli della mia vita; quando sono entrata ho pensato che avevo atteso quel giorno per trentadue anni: ero felice!






Nonostante la stanchezza organizzativa scolastica e familiare, entro ogni giorno a scuola contenta di seguire le lezioni e di condividere con i miei compagni di classe, perlopiù diciottenni, opinioni e progetti.
Se Ungaretti vicino alla morte rivalutò la grandiosità della vita, noi dovremmo valutare la bellezza della conoscenza ogni giorno. E se Leopardi nel suo pensiero pessimistico dice che l'uomo fa parte di un meccanismo cosmico, e quindi la felicità e il piacere sono difficili da raggiungere, noi quanto meno ci dobbiamo provare.






Di sicuro nei cassetti della nostra anima qualcosa che ci può rendere felici c'è sempre.
Ah, dimenticavo,  sono nata in un freddo giorno di gennaio e correva l'anno 1969… Poiché siamo nell'era tecnologica vorrei mandare un messaggio a tutti, giovani e adulti: se la felicità si dimentica di noi, abbiamo il dovere di andare a cercarla, poiché la vita è il dono più bello che si possa ricevere ed è un peccato sprecarla.



                                                                   
     Assunta Vanigioli

Classe V A
Liceo delle Scienze Umane
opzione Economico-Sociale



















giovedì 24 dicembre 2015

IL VESCOVO MONS. GERARDO ANTONAZZO INCONTRA I RAGAZZI DEL “VARRONE”

CASSINO, 18 DICEMBRE 2015

Quanto conta la tua scelta?... Sono queste le parole che da ieri riempiono la mente e il cuore di noi studenti del “Varrone”, da quando, cioè, mons. Gerardo Antonazzo ci ha raggiunti a scuola per parlarci di Cristo. 

Seconda assemblea d’istituto dell’anno. Siamo in auditorium: la discussione sulle dinamiche scolastiche è interessante, ma Natale si avvicina e siamo tutti desiderosi di vacanze, l’attenzione non è al massimo, l’aria di festa ci elettrizza e ci distrae… E tra poco arriverà il Vescovo: sarà anche l’emozione di incontrare da vicino un uomo di Dio a renderci euforici, in un momento in cui dichiarare e testimoniare la propria fede non è né comodo né facile.

La benedizione del vescovo prima dell'incontro con gli studenti
Un improvviso tramestio nell’atrio ci avverte che il Vescovo è qui. Ci alziamo tutti in piedi per accoglierlo degnamente… ed eccolo che entra: sorride, saluta, tende la mano… Sembra davvero un padre lieto di rivedere i suoi figli! Alcuni ragazzi del triennio intonano magistralmente il gospel “Happy day” e mons. Antonazzo partecipa con trasporto al canto, battendo le mani a ritmo insieme a noi.


È davvero un’icona di semplicità e simpatia, in pieno stile francescano! Qualcuno recita una poesia, qualcun altro suona il suo strumento musicale: ciascuno vuole rendere omaggio al Vescovo, che, dal canto suo, si commuove e apprezza il dono dei nostri talenti personali.
Poi avviene l’incontro: attraverso le sue parole di fede forte, chiara, sicura, sentiamo realmente accanto a noi la presenza del Cristo fatto uomo. È questo il vero significato del Natale, la sua essenza più profonda: Dio si è fatto come noi per farci come Lui, si è fatto Figlio affinché noi potessimo essere perfetti come il Padre. Ci ha mostrato il suo volto misericordioso e ci ha insegnato la forza del perdono: è un Dio che non resta mai uguale a se stesso, ma cambia con noi e per noi. 


L'abbraccio con Francesco, uno dei "musicisti"
Allo stesso modo ogni Natale è diverso da quello già passato e da quello che verrà, perché ogni volta Cristo rinasce a vita nuova nel cuore di ciascuno di noi. E non solo il 25 dicembre, ma in ogni momento della nostra esistenza! Che senso avrebbe, infatti, ricordarsi di Cristo un solo giorno all’anno? …O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai! In questo modo lo spirito natalizio non si limita a un superficiale consumismo, ma diviene denso e speciale per ognuno di noi.  E tuttavia luci colorate e festoni scintillanti ci distraggono dalla Luce vera che brilla nelle tenebre… E continuiamo a non vederla, a non accoglierla, a chiudere le porte a Cristo, come l’oste di Betlemme duemila anni fa.

Ma Dio è paziente e sa attendere, sa che prima o poi apriremo gli occhi e per questo continua a mostrarci la via della felicità già su questa terra, in questa vita! Perché Lui vuole che i suoi figli siano felici! E allora… quanto conta la nostra scelta? Molto, perché siamo noi che dobbiamo scegliere di seguire quella via, che non sarà sempre larga, diritta e ben lastricata, che spesso, anzi, sarà tortuosa e accidentata, ma di certo ci condurrà alla meta sicura.

Il "selfie" del vescovo con Fabio (rappresentante degli studenti), la prof. Giannitelli (che ha curato l'incontro) e gli altri protagonisti dell'evento
Quanto contano le nostre scelte, allora? Tanto, perché da esse dipende spesso anche la felicità altrui, anzi, possiamo affermare con certezza che non esiste vera felicità se non condivisa! La lingua parlata, la religione praticata, il colore della pelle… tutto diventa motivo di crescita e di arricchimento interiore se nel cuore regna la misericordia, necessaria premessa affinché la Terra diventi a sua volta il regno della pace e della giustizia. 

Il vescovo con la preside de Vincenzo, i rappresentanti d'Istituto  e le proff. Giannitellie  e Massaro
È davvero interessante ascoltare quest’uomo: sa catturare le nostre menti, le nostre anime e sa farci provare emozioni profonde con le sue parole ricche di significato… Ma noi scalpitiamo, vogliamo conoscere, imparare la vita e siamo già lì sul palco in dieci o quindici a fargli domande… È sicuro che siamo destinati alla felicità? Lei l’ha trovata la strada giusta? Come si fa sentire la vocazione? Qual è il vero significato della parola amare?... Quanti dubbi, quante incertezze, quanta sete di verità! E per tutti il Vescovo ha una parola, un ammonimento, un consiglio prezioso. Faremo tesoro di quel che ci ha insegnato: anche il nostro futuro sarà frutto della scelta personale di ciascuno, per cui dovremo percorrere la nostra strada senza lasciarci condizionare dagli altri, trovando il giusto percorso che Dio riserva a ognuno di noi.


Buon Natale, dunque, Merry Christmas, Joyeux Noel, Fröhliche Weihnachten, Feliz Navidad… e che tutte le lingue del mondo si uniscano nell’unica lingua universale: l’amore.



                                                                                       Classi I ASU, I BSU, I CArt.
                                                                                    (con la preziosa collaborazione
                                                                                     della prof. Rossana Margiotta)
 































giovedì 3 dicembre 2015

Redazione "Varrone": LA DEPRESSIONE. Il guerriero perduto e lo sciamano...

Redazione "Varrone": LA DEPRESSIONE. Il guerriero perduto e lo sciamano...: Presentazione del libro del prof. Ettore Pasculli Lunedì 30 novembre, alle ore 10.30 presso l’Università degli studi Lettere e Filosofia di...

LA DEPRESSIONE. Il guerriero perduto e lo sciamano scomparso

Presentazione del libro del prof. Ettore Pasculli
Lunedì 30 novembre, alle ore 10.30 presso l’Università degli studi Lettere e Filosofia di Cassino, ha avuto luogo la presentazione del libro:  “La depressione. Il guerriero perduto e lo sciamano scomparso” di Ettore Pasculli, psichiatra, psicoterapeuta e docente alla facoltà di medicina della Sapienza di Roma.  Noi della classe V a del Liceo delle Scienze Umane (Istituto Magistrale “Varrone” di Cassino) abbiamo partecipato a questo evento, accompagnati dal prof. Roberto Folcarelli,  perché alcune tematiche (soprattutto a carattere antropologico) fanno parte del nostro percorso di studio.

Il prof. Ettore Pasculli e la dott.ssa Alessandra Zanon

Oltre all’autore sono intervenuti al dibattito il Dottor Giovanni De Vita, la dott.ssa Pamela Papetti,  la dott.ssa Gioia Marzi, la dott.ssa Alessandra Zanon e il dottor Simone Nifesi, alla presenza di molti studenti universitari, oltre tante altre persone interessate.
Nel suo libro, il Professor Pasculli affronta il tema della salute “mentale”individuale, con il problema della malinconia, ovvero una sindrome affettiva caratterizzata da una tristezza morbosa che paralizza l’azione. Ma in questo libro, non è una intesa soltanto come malattia, ma anche come stato d’animo ed emozione.

La "delegazione" del Liceo delle Scienze Umane"


“Quella bella melancolia che mi faceva scrivere”;  attraverso questa frase del celebre poeta Giacomo Leopardi, Pasculli vuole darci una nuova visione innovativa per quanto riguarda la depressione, vista sempre in modo negativo, un cancro, una prigione, una “lottatrice di sumo accucciata al petto”. Invece, può essere considerata anche come un’energia che spinge ad agire, a reagire, a cambiare ciò che non funziona.



Una fase del dibattito con l'intervento della dott.ssa Papetti


Infatti,  l’autore ha evidenziato in  essa degli aspetti positivi: “la depressione è un nuovo modo di sperimentare (di soffrire, ma anche di godersi il mondo), di vivere e di scoprire il mondo; la depressione è opportunità. Inoltre può essere il punto di partenza per cambiare il modo di vivere; ne è esempio concreto il film vincitore dell’Oscar, <<La grande bellezza>> di Sorrentino. Dunque, la melancolia possiamo anche definirla un inno alla vita”.

Van Gogh "Ritratto del dottor Gaceth" e "vecchio disperato"


“La depressione. Il guerriero perduto e lo sciamano scomparso” è un libro fondato tra fusioni di mito, cultura, scienza e storia. Perché la scelta del mito tra circostanze reali? Perché il mito ci permette di superare il nostro dramma, il nostro pensiero negativo sulla morte, andare al di là dei limiti imposti dalla realtà.
Un altro elemento citato da Pasculli è la dimensione femminile: “un labirinto che invita l’uomo ad entrare per metterlo alla prova”. Ancora una volta l’autore fa riferimento al mito per spiegare una realtà complessa, l’uomo che si sente superiore alla donna, ma senza le donne non è nulla: “non vince se non aiutato da una figura femminile”.

La "Grande Madre"


Di grande spessore gli interventi degli altri relatori. In particolare, il prof. De Vita si è soffermato sulle dimensioni antropologiche rintracciabili nel testo presentato e sulle numerose suggestioni che ne risultano. Una sorta di invito a cogliere la complessità delle vicende umane alla luce di una cultura che riesca a spaziare anche nelle oscure pieghe di tante situazioni esistenziali, non sempre “ordinarie” o consuete.


L'intervento del prof. Giovanni De Vita, curatore della presentazione

Per noi studentesse del Liceo delle Scienze Umane è stato un incontro molto importante, ricco innanzitutto di cultura e anche di motivazioni, comunque fondamentale perché la presentazione del libro ha toccato tanti settori del sapere che riguardano fortemente i nostri studi (dalla psicologia all’antropologia, dalla pedagogia alla sociologia). Un’importante occasione per accrescere le nostre conoscenze e per iniziare a proiettarci nel mondo universitario.


Ilaria Nittolo e Ilaria Tersigni
Classe V A 
Liceo delle Scienze Umane
IMS "Varrone"